Storie di antropologia dalla villa romana di via Calcaterra (Infernetto)
Quando l'Antropologo diventa un investigatore del passato
Il lavoro di un Antropologo che studia resti umani provenienti da scavi archeologici mira sempre alla ricostruzione della vita del passato, ma quando i resti provengono da scavi chiusi da tempo e conservati nei depositi di musei e parchi archeologici, il lavoro assume le caratteristiche di una vera e propria indagine, dovendo anche ricostruire alcune fasi dello scavo a partire dai documenti conservati e interpretare le sepolture analizzando la documentazione fotografica. L'indagine quindi si svolge tra archivi e depositi per concludersi in laboratorio.
Il censimento, riordino e schedatura dei materiali scheletrici conservati nei depositi del Parco Archeologico di Ostia Antica, ha portato in evidenza alcune situazioni di grande interesse quali quella rappresentata dalla sepoltura rinvenuta presso un impianto rustico di epoca romana imperiale scavato tra il 2000 e il 2001 nel quartiere dell'Infernetto (X Municipio - Roma sud).
I tre scheletri della villa romana di via Calcaterra
In uno dei vani della pars rustica dell’impianto è stata rinvenuta una fossa contenente i resti scheletrici di tre individui piuttosto ben conservati.
Il Servizio di Antropologia del Parco Archeologico di Ostia Antica ha effettuato sui resti una analisi antropologica volta a ricostruire il profilo biologico dei tre individui. Non è compito dell'antropologo stabilire la causa di morte (a meno di casi molto particolari in cui siano evidentissimi i segni di morte violenta) quanto piuttosto ricostruire dalle ossa la storia della vita delle persone.
Il nostro scheletro è costituito da tessuti molto mineralizzati (ossa e denti), che tendono a conservare a tempo indeterminato le informazioni relative agli eventi intervenuti nel corso della vita, diventando un vero e proprio "archivio biologico". Queste informazioni leggibili dall'occhio allenato dell'antropologo fisico rivelano, oltre all'età della persona e al suo sesso di appartenenza, anche eventuali modificazioni della struttura ossea da porre in relazione con l'età o con un alterato stato di salute. Alcuni segni sono più chiari e facilmente interpretabili essendo direttamente correlabili con specifiche malattie o traumi, altri invece mostrano la presenza di un disturbo non identificabile, ma tale comunque da lasciare un segno permanente. Tutti questi dati presi nel loro insieme consentono di definire il profilo biologico di una persona a partire dai resti scheletrici e quindi di ricostruire la vita studiando ciò che rimane.
I resti ritrovati nella villa romana di via Calcaterra appartenevano quindi a tre individui che già a prima vista (dimensioni e sviluppo scheletrico) sono stati riconosciuti come un adulto e due infanti.
Chi erano i tre individui sepolti nella villa romana di Via Calcaterra?
L'esame antropologico volto ad effettuare la diagnosi del sesso, riguarda solo l'individuo adulto, in quanto per gli individui infantili che non hanno ancora ben definite le caratteristiche scheletriche correlate con il dimorfismo sessuale non si procede a questa determinazione. L'adulto invece, rappresentato da uno scheletro quasi completo e in ottimo stato di conservazione, mostra delle caratteristiche anatomiche spiccatamente femminili, sia nel bacino che nel cranio, e anche le misure che è stato possibile prendere sugli arti rientrano perfettamente nei range previsti per il sesso femminile. Una donna giovane, quindi, come ci dice la morfologia della sinfisi pubica, una porzione del bacino piccola ma assai diagnostica, e come ci dimostra anche la moderata usura osservabile sulle corone dentarie. Queste due informazioni combinate ci permettono di suggerire che la morte sia avvenuta in un intervallo compreso tra i 20 e i 24 anni. Non sono osservabili sulle ossa segni di particolari patologie, quindi lo scheletro apparteneva a un individuo in un complessivo buono stato di salute con sole problematiche rilevabili a livello dentario. I denti sono interessati infatti dalla presenza di abbondante tartaro (materiale dannoso in vita e prezioso per l'analisi antropologica), di una carie con probabile ascesso associato, mentre il primo molare superiore di destra risulta perso intravitam.
Gli scheletri infantili appartengono a due bambini di età molto simile, intorno ai due anni - due anni e mezzo secondo quanto testimoniato dal grado di sviluppo scheletrico e dentario. Entrambi gli infanti mostrano segni di stress cosiddetto "aspecifico", non riconducibile cioè ad alcuna patologia precisa. Questi segni sono ravvisabili soprattutto in una anomala porosità in corrispondenza del tetto dell'orbita, definita come cribra orbitalia.
Dalle relazioni e immagini di scavo si vede che l'adulto giace affiancato in stretta connessione con uno degli infanti, mentre l'altro mostra la testa scivolata (?) in corrispondenza delle ginocchia dell'adulto.
Sono tante le congetture che si possono fare su una sepoltura come questa e soprattutto sono tante le domande. È lecito ipotizzare per esempio che i corpi siano appartenuti ad individui legati da una parentela in vita (madre e figlio/i?). La posizione dell'infante con la testa vicino ginocchia dell'adulto fa pensare a un rimaneggiamento o all'azione involontaria di piccoli animali.
Analisi future sui tre individui della villa di via Calcaterra
Molto difficile arrivare a una conclusione, sicuramente la conoscenza della genomica (analisi del DNA) potrebbe chiarire eventuali rapporti di parentela tra i tre, come pure evidenziare l’eventuale presenza di patogeni che potrebbero averne causato la morte contemporanea. Allo stesso modo, analisi degli isotopi dello stronzio, dell'ossigeno, del carbonio e dell'azoto catturati nella struttura interna dell'osso potranno contribuire alla conoscenza circa provenienza e abitudini alimentari di queste persone.
Nell’analisi sistematica e ragionata dei campioni scheletrici conservati nei depositi ostiensi, il Servizio di Antropologia sta portando avanti uno studio che prevede l’integrazione di più elementi di conoscenza provenienti da analisi morfologiche e molecolari che contribuiranno significativamente a chiarire i rapporti tra gli individui e tra gli individui e il territorio in cui sono insediati.
L’elevato numero di resti scheletrici disponibili, riconducibili ad unità individuali e provenienti dalle diverse zone di pertinenza del Parco, abbinato al lungo tempo di utilizzo dell’area, consentiranno di effettuare confronti tra gruppi limitrofi, ma anche di valutare se le condizioni di vita e di salute abbiano subito significativi cambiamenti nel corso del tempo.