Grano e pane a Ostia antica

Se la nascita dell’insediamento di Ostia è strettamente legata al sale (il controllo e lo sfruttamento delle vicine saline alla foce del Tevere furono infatti l’obiettivo principale della fondazione della colonia), fu certamente il grano il grande motore di sviluppo della città a partire dalla tarda età repubblicana e per tutta la successiva età imperiale.

Lo sviluppo demografico, economico e urbanistico di Ostia come scalo portuale di Roma è infatti indissolubilmente legato all’importazione delle merci, deperibili e non, che raggiungevano l’Urbe da tutte le province dell’Impero grazie ai traffici mediterranei. Il grano era senza dubbio la più importante di queste derrate: destinato in larga parte ad alimentare le distribuzioni gratuite che il governo centrale garantiva ai cittadini romani (frumentationes), costituiva un presupposto fondamentale del benessere generale della popolazione e, in quanto tale, un elemento cardine della stabilità economica e politica dello Stato. Proprio per agevolare le operazioni di scarico, trasporto e immagazzinamento del grano, nella seconda metà del II secolo a.C., fu delimitata a Ostia un’area pubblica compresa tra il Decumano e il Tevere, come attestato dai cosiddetti “Cippi di Caninio”, conservati a un livello inferiore all’attuale quota stradale del Decumano.

Il grano veniva importato principalmente dalle province del Mediterraneo occidentale (Sardegna, Sicilia, Egitto, Africa settentrionale): le personificazioni di alcune di queste province sono effigiate nel cosiddetto Mosaico delle province, che decorava un ambiente delle Terme di Via dei Vigili, costruite nel I secolo d.C. e sostituite, qualche decennio dopo, dal più monumentale complesso delle Terme di Nettuno.

Il grano giungeva nei porti di Ostia e, dal I secolo d.C., di Portus sulle grandi navi onerarie che solcavano il Mediterraneo e da queste veniva trasbordato su imbarcazioni più piccole (caudicariae), che risalivano il fiume per approdare sulle banchine del porto fluviale di Ostia o proseguire verso Roma, come ricordano le vivide scene rappresentate nel Piazzale delle Corporazioni. Il materiale deperibile dei contenitori in cui il grano veniva trasportato (prevalentemente sacchi in fibra vegetale) ha lasciato labili tracce archeologiche, a differenza di quanto avveniva per le derrate liquide e semiliquide (vino, olio, garum) trasportate nelle anfore e nei capaci doli in terracotta sulle navi.

Le attività di carico e scarico sulle banchine portuali o di trasbordo tra imbarcazioni diverse erano svolte dai saccarii (facchini), rappresentati in una serie di statuette in terracotta rinvenute a Ostia. Vestiti di una corta tunica e con la testa coperta da un copricapo a calotta, i saccarii sono rappresentati nell’atto di trasportare sulle spalle i pesanti sacchi di granaglie, con uno stile semplice ma molto espressivo. Oltre che nelle citate statuette, i saccarii sono rappresentati anche in un affresco raffigurante la nave Isis Geminiana, proveniente dalla necropoli ostiense della Via Laurentina e oggi conservata ai Musei Vaticani, e nel mosaico che decora l’Aula dei Mensores, parte di un più vasto complesso edilizio interpretato come la sede della corporazione dei  misuratori di grano (mensores frumentarii).

Lo stretto rapporto tra le attività di misurazione del grano e il successivo immagazzinamento è testimoniato dal complesso edilizio costituito dal Caseggiato dei Misuratori di Grano e dal magazzino adiacente al Piccolo Mercato, ubicati in zona centrale alle spalle del Foro e del Capitolium, in un’area adiacente alla banchina fluviale. Come la maggior parte dei magazzini ostiensi, questi due edifici erano ubicati nell’area compresa tra il Decumano e la banchina fluviale, in modo da garantirne una più rapida e agevole accessibilità dal fiume. Tra i magazzini ostiensi certamente destinati all’immagazzinamento del grano vi erano, oltre al magazzino adiacente al Piccolo Mercato, i Grandi Horrea e gli Horrea Antoniniani, come attestato dalla particolare configurazione dei pavimenti delle cellae, sopraelevati su pilastrini in mattoni, che servivano a mantenere il grano areato e isolato dall’umidità del terreno.

Le operazioni di trasporto, scarico, controllo, smistamento e immagazzinamento del grano si svolgevano sotto l’attenta supervisione dei funzionari dell’Annona, il complesso apparato amministrativo incaricato di assicurare il flusso continuo e costante dei vettovagliamenti dalle province a Roma, diretto e coordinato dal praefectus annonae, magistrato di rango equestre alle dirette dipendenze dell’imperatore. Numerose sono a Ostia le testimonianze epigrafiche relative a prefetti e procuratori dell’Annona, che avevano un rapporto privilegiato con la città portuale, in cui possedevano certamente uffici e  residenze, forse identificabili con alcune delle più lussuose domus tardo-antiche, come ad esempio la Domus della Fortuna Annonaria.

Non tutto il grano che veniva immagazzinato a Ostia era tuttavia destinato a sopperire ai bisogni dell’Urbe, come attesta la presenza sia di depositi di minori dimensioni sia soprattutto quella delle panetterie (pistrinae) con forni e botteghe annesse, all’interno delle quali si svolgevano le attività di macinatura del grano, impasto della farina, cottura e vendita del pane. Particolarmente ben conservato è il Molino del Silvano, che sorgeva di fronte ai Grandi Horrea ed era a esso direttamente collegato, così come il più decentrato Molino della Semita dei Cippi.

Il percorso

L’itinerario parte dall’ingresso e raggiunge il primo dei cosiddetti Cippi di Caninio, all’imbocco del Decumano dal Piazzale della Vittoria, e raggiunge quindi Via dei Vigili, traversa del Decumano che delimita le Terme di Nettuno, dalla quale ci si affaccia sul Mosaico delle Province.

Prosegue quindi lungo il Decumano fino al Teatro, traversando il quale si raggiunge il Piazzale delle Corporazioni, sui cui mosaici si possono ammirare diverse rappresentazioni di trasporto, trasbordo e misurazione del grano.

Tornando sul Decumano, si prosegue per un breve tratto fino a raggiungere il complesso dei Grandi Horrea e l’antistante Molino del Silvano. Tornati indietro sul Decumano, si prosegue fino al Foro e, fiancheggiando il lato sinistro del Capitolium, si arriva all’ingresso meridionale del Piccolo Mercato, che si attraversa: usciti dall’ingresso settentrionale, ci si trova di fronte al Caseggiato dei Misuratori di Grano e, quindi, girando a sinistra, si entra nel Magazzino Granario adiacente ubicato nell’angolo tra il Piccolo Mercato e gli Horrea Epagathiana. Usciti da qui, si gira a sinistra imboccando Via degli Horrea Epagathiana: al termine della strada, si prende a destra Via della Foce e la si percorre a raggiungere l’Aula, il Tempio e gli Horrea dei Mensores.

Da qui, si ripercorre Via della Foce fino a raggiungere l’incrocio con il Decumano, che si segue fino all’area forense; superata la porta orientale del castrum, una deviazione a sud  conduce al Molino della Semita dei Cippi, tra i meglio conservati della città; attraversato l’edificio, si prosegue verso nord lungo l’omonima strada e quindi si piega a est su Via della Fortuna Annonaria, fino all’omonima Domus, visitata la quale si ritorna sul Decumano per tornare all’uscita.

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